mercoledì 29 ottobre 2014

ALEX BELLINI: L'AVVENTURIERO DELL'ANIMA - INTERVISTA PARTE 2





Quanto è importante avere una visione, un sogno, finalizzato al raggiungimento dell'obiettivo?
Penso sia fondamentale. Senza un sogno, una visione, che si fa ad occhi aperti durante la notte, non credo ci sia un grande futuro, perché quello che risveglia i nostri animi, il fuoco sacro che abbiamo dentro, sono i sogni stessi.
Tuttavia è fondamentale unire una strategia al sogno, dotarlo di gambe e coraggio e per farlo bisogna creare un piano d'azione e comprendere che il raggiungimento di un obiettivo è la somma di tante piccole azioni che quotidianamente facciamo.
Ovvio è che quando pensi a un sogno non pensi a tutto questo ma alla parte più emozionale del tutto. Ma a partire dal giorno dopo è fondamentale lavorare con metodo, con criterio e creare la pianificazione che poi rende possibile l'avventura.

Secondo te, oltre al sogno e all'immaginazione, bisogno avere un programma per raggiungere l'obiettivo?
Ne abbiamo appena parlato ed è fondamentale. Più sarà semplice il processo da seguire e più saranno alte le possibilità di raggiungere il nostro obiettivo.
Come sai mi presto all'attività come coach nel mondo sportivo, in particolare delle discipline individuali, che sono la mia passione e mi rendo conto che una delle cose che manca maggiormente è un'educazione alla pianificazione. Anche gli atleti d'elite, quelli capaci di vincere medaglie importanti, talvolta mancano della capacità di organizzare un lavoro a step. Qui è importante il lavoro di un coach, non tanto sulla motivazione, che è all'ordine del giorno, ma per rimettere l'attenzione, il focus su tutte quelle cose che sono da fare tutti i giorni per raggiungere l'obiettivo, riportando la persona a lavorare sul qui e ora.
Se si ha un obiettivo da qui a 6 mesi, è oggi che si deve agire.

Pensando alle tue imprese emergono due sentimenti contrastanti: la paura e il coraggio.
E' vero, sono due elementi contrastanti, ma pensandoci bene non sono in contraddizione, ma una importantissima integrazione. Il coraggio è andare avanti nonostante la paura. Se non avessi paura a fare qualcosa e lo facessi, sarebbe incoscienza.
Detto questo, conosco molto bene la paura e me ne servo per definire dei limiti di azione. D'altro canto non conosco il coraggio. Conosco il coraggio di scegliere, perché ogni volta che lo fai, ti privi della possibilità di fare altro. In realtà non credo che in natura esista il coraggio. La tigre non è più coraggiosa dell'antilope che rincorre e l'antilope non è più coraggiosa perché corre più veloce. Entrambe reagiscono d'impulso alla paura di morire e per questo credo sia più forte la paura del coraggio. 
Quando ti capita, come mi è successo, di vivere situazioni di solitudine e sconforto, senza avere il controllo della situazione intorno a te, andare avanti non è questione di coraggio ma di preservare la propria vita e spesso ti affidi alla paura per fare la cosa giusta, anche se nella paura non si fa mai la scelta corretta. E' la frequentazione quotidiana della paura che ti permette di usarla a tuo vantaggio.

Nelle tue avventure ci sono stati dei momenti in cui hai detto "stop, mi fermo" oppure è sempre "avanti tutta ad ogni costo"? Quando si capisce che è il momento di fare un passo indietro?
Confesso che sono stati più i momenti in cui dibattevo tra me e me il fatto di fermarmi o andare avanti, un profonda contraddizione che vivevo spesso, il "diavoletto" e l' "angioletto" che si confrontavano in continuazione.
Quindi era un continuo dibattere tra "l'avanti tutta a ogni costo" e il fermarsi, perché era meglio e più sicuro. Devo dire che non era facile a volte gestire questo dibattito interiore.
Quando si capisce che è ora di fare un passo indietro? E' una questione di sensibilità e intuito, anche perché molte volte non hai altri strumenti su cui basarti. Nel caso dell'Oceano, osservi il mare, il vento e cerchi di intuire cosa ti stanno dicendo, come se fossero dei messaggi che ti indicano cosa fare. Proprio durante la traversata dell'Oceano Pacifico, a sole 60 miglia da terra, vicino alla meta, ho guardato il mare, non mi piaceva per niente e in quel momento è stato netto e chiaro il messaggio che mi stava arrivando "Alex pensaci bene, questo è un momento che potrebbe definire il tuo futuro" e lì, quasi alla meta, ho fatto la scelta di interrompere. Di questo ne vado molto orgoglioso, perché ho definito un limite. E sulla definizione di limite entrano in campo quali sono le regole del gioco, le opportunità e il confine da non superare; e dentro il confine c'è veramente tanto da fare.

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